Uno sguardo delicato, quello di Rossella Mitrione, a volte dissacrante, mai ordinario, carico di una leggerezza non superficiale, intriso di una concettualità profonda che la porta con il suo telefonino – il suo terzo occhio, come lei lo definisce – a fermare ciò che al momento la cattura, a revisionare e, di seguito, reinterpretare la realtà che la circonda, prendendo per mano ciò che solitamente viene ignorato, rileggendolo in modo nuovo, alternativo. Una realtà in cui ciò che è considerato storto, irregolare, fuori campo e dimenticato nella propria solitudine di pieni e di vuoti, si trasforma con tocco ispirato in ciò che potrebbe, invece, essere. Rompendo l’ovvio, in un continuo divenire di identità eteree e forme nuove ed altre, di “voci” nostalgiche ed introspettive, in cui il suggerire diventa molto più importante dell’affermare.
L’artista crea, inoltre, uno scambio silenzioso, intimo, penetrante tra oggetto ed anima, bloccato in un tempo eterno – ma che fa rumore.
Tra luci ed ombre, tra colori pop e brillanti e l’eleganza delle cromie soffuse nonché dai tagli che ne esaltano l’unicità, tra continui e non mascherati contrasti ed irregolarità, Rossella Mitrione non fa altro che raccontarci la vita nella sua imperfezione, vestendola con visionaria e poetica sartorialità, con un’andatura che ne restituisce anima, giustizia, bellezza, proprio grazie all’esaltazione di quella imperfezione che sa di unicità e che qui, nelle sue immagini, si fa portavoce di tutto ciò che ai nostri sguardi fugaci e distratti non pare altro che scarto, residuo di preconcetti acquisiti.
